Recenti esperimenti di laboratorio hanno rivelato una possibilità sorprendente: alcuni pianeti potrebbero generare la propria acqua, invece di acquisirla da fonti esterne come comete o asteroidi. Questa scoperta altera in modo significativo la nostra comprensione di come si formano gli esopianeti ricchi di acqua e solleva nuove domande sul potenziale della vita oltre la Terra.
Simulazione di condizioni planetarie estreme
I ricercatori hanno simulato con successo le condizioni estreme riscontrate all’interno di alcuni esopianeti sottoponendo l’olivina – un minerale comune negli interni planetari – a raggi laser ad alta energia in presenza di gas idrogeno. Questo processo priva efficacemente il minerale dei suoi atomi di ossigeno, consentendo all’ossigeno di reagire con l’idrogeno e successivamente produrre acqua. Il team ha pubblicato i risultati il 29 ottobre su Nature.
Esopianeti ricchi d’acqua: un mistero di vecchia data
L’esistenza di numerosi esopianeti, di dimensioni e massa variabili tra la Terra e Nettuno, ha lasciato perplessi gli scienziati. Molti di questi pianeti orbitano notevolmente vicino alle loro stelle ospiti, molto più vicini di quanto la Terra orbita attorno al Sole. La loro densità indica che possiedono interni rocciosi e uno strato sostanziale di acqua o idrogeno. Tuttavia, non è ancora chiaro come questi pianeti possano accumulare così tanta acqua.
La linea delle nevi e le teorie tradizionali
Il nostro sistema solare fornisce un chiaro esempio della “linea della neve”, un confine oltre il quale l’acqua è abbondante a causa delle temperature più fresche. All’interno del limite delle nevi, come visto su Venere, l’acqua tende a vaporizzare. I pianeti oltre il limite delle nevi, come Saturno e Nettuno, sono ricchi sia di acqua che di gas. Inizialmente gli astrofisici credevano che gli esopianeti acquosi dovessero formarsi lontano dalle loro stelle e poi migrare verso l’interno. Tuttavia, la nuova ricerca suggerisce che l’acqua può essere prodotta localmente nelle giuste condizioni attraverso reazioni chimiche.
Ricreare ambienti estremi: una sfida al diamante
Replicare queste condizioni estreme si è rivelato impegnativo. Gli scienziati hanno utilizzato una “cella a incudine di diamante” – un minuscolo contenitore – per raggiungere la temperatura e la pressione richieste. Tuttavia, le molecole di idrogeno riscaldate si sono infiltrate nella struttura del diamante, provocandone la frantumazione. Per superare questo ostacolo, i ricercatori sono passati all’utilizzo di laser pulsati, riscaldando il campione per periodi molto brevi.
“Ho comunque rotto molti diamanti”, ammette Harrison Horn, uno scienziato planetario del Lawrence Livermore National Laboratory.
Abbondanza d’acqua inaspettata
Quando l’esperimento ebbe successo, gli scienziati rimasero sorpresi dall’enorme quantità di acqua prodotta. “Non c’era più roccia. Tutto quello che avevo era metallo e acqua”, ha detto Horn. Il geofisico Dan Shim dell’Arizona State University ha aggiunto: “Stiamo parlando di molta acqua, migliaia di volte più acqua di quella prevista per la Terra se si dispone di uno spesso strato di atmosfera di idrogeno”. Sorprendentemente, circa il 18% della massa iniziale si trasformò in acqua.
La zona di confine: dove si forma l’acqua
I ricercatori ritengono che questo processo di generazione dell’acqua avvenga al confine tra l’interno roccioso di un pianeta e la sua atmosfera ricca di idrogeno, dove alte pressioni e temperature possono guidare la reazione. I mondi risultanti potrebbero essere vasti mondi oceanici, da due a cinque volte più grandi della Terra e ricoperti da profondi oceani liquidi, o mondi “iceanici”, quelli con un vasto oceano coperto da uno spesso strato di idrogeno.
Un continuum di mondi
I risultati suggeriscono che questi tipi di mondi rappresentano punti su un continuum piuttosto che categorie distinte. “Sono imparentati, come cugini”, ha spiegato Shim. Il fatto che un pianeta diventi un mondo oceanico o un mondo oceanico dipende probabilmente da fattori come la vicinanza alla sua stella, le dimensioni e la composizione iniziale.
Implicazioni per l’abitabilità
Lo studio supporta il dibattito in corso sull’abitabilità dei mondi oceanici. Mentre recenti ricerche hanno suggerito che gran parte della loro acqua potrebbe essere intrappolata nei loro mantelli, lasciando la superficie asciutta, questo nuovo studio aumenta la probabilità di abbondanti acque superficiali. “Forse è una buona notizia per la vita su quei pianeti”, afferma Remo Burn, astrofisico dell’Osservatorio della Costa Azzurra.
L’antica acqua della Terra: una possibile origine
Questi risultati forniscono anche informazioni sull’origine dell’acqua della Terra. Sebbene le condizioni estreme richieste per questa reazione non esistano oggi sulla Terra, potrebbero essere state presenti durante la sua formazione. Una Terra primordiale con una densa atmosfera di idrogeno avrebbe potuto facilitare simili reazioni di formazione dell’acqua.
Le prove provenienti da antichi diamanti situati nelle profondità della terra, contenenti minuscole vescicole d’acqua con una firma chimica unica, supportano questa ipotesi, suggerendo due distinti serbatoi d’acqua sulla Terra: uno primitivo formato attraverso le prime reazioni chimiche e un componente successivo fornito da comete e asteroidi ricchi di acqua.
























